Tra gli indagati c’è un ingegnere: aveva ideato un software che consentiva di gestire una contabilità parallela in nero
Chiuse dalla procura di Bari le indagini nei confronti di 28 dentisti di Bari e provincia, ritenuti responsabili di aver evaso le tasse per 6 milioni di euro tenendo una contabilità parallela in nero attraverso il software inventato da un ingegnere. Le indagini della Guardia di Finanza hanno interessato i 28 camici bianchi, tre società esercenti l’attività di studio odontoiatrico, dell’ingegnere informatico di Palo del Colle, Tommaso
Carbone e di una sua società. I 29 sono indagati per dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici. Le quattro società rispondono invece per la responsabilità amministrativa degli enti. Per l’accusa, negli anni tra il 2015 e il 2020, gli indagati avrebbero evaso imposte per oltre 6 milioni di euro. Le indagini, partite da una verifica fiscale, hanno consentito di individuare in Carbone l’ideatore e il fornitore di un software gestionale che permetteva ai professionisti che lo utilizzavano di tenere una contabilità dei compensi ricevuti ma non dichiarati. Il sistema gestionale avrebbe consentito di creare delle “schede cliente” nelle quali, dopo aver premuto il tasto F12 della tastiera e digitato una password, era possibile rendicontare i compensi percepiti in nero. Il gestionale permetteva anche di memorizzare la contabilità parallela su supporti esterni, rimovibili in caso di controlli e non accessibili senza prima aver premuto F12 e digitato la password. Il sistema permetteva quindi di tenere distinti due archivi informatici: uno interno definito “gestionale” con i dati delle fatture, uno esterno chiamato “storico” per raccogliere “i dati nella loro totalità”, come spiega la finanza in un comunicato e dunque anche quelli non annotati nella contabilità ufficiale. Carbone avrebbe anche creato delle chat per parlare con i suoi clienti, “rimandando ulteriori spiegazioni ad incontri di persona e facendo riferimento alla contabilità ‘black'”. A supporto delle indagini anche le dichiarazioni di diversi pazienti, che hanno raccontato di aver versato importi in contanti dopo le visite senza aver ricevuto regolare fattura.