Sarebbe stato utilizzato materiale più economico mettendo a rischio la sicurezza degli aerei
Due società aerospaziali brindisine avrebbero fornito componenti aeronautiche non a norma
alla Leonardo-Aerostrutture, per la produzione dei settori 44 e 46 del Boeing 787 Dreamliner. Indagate sette persone e due società: secondo la Procura di Brindisi sarebbero state realizzate parti aeree con caratteristiche di resistenza statica e allo stress notevolmente inferiori, con riflessi sulla sicurezza del trasporto. Per la realizzazione di componentistica anche strutturale dei velivoli, sarebbe stato impiegato titanio puro, invece di lega di titanio, e anche le leghe di alluminio utilizzate erano difformi dalle previsioni. Sette persone e due società vengono ritenuti coinvolti in un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati che vanno dall’attentato alla sicurezza dei trasporti, all’inquinamento ambientale, alla frode in commercio. Le indagini, condotte anche con rogatoria internazionale negli Stati Uniti, hanno portato al sequestro di circa 6.000 parti di aeroplano per i successivi esami qualitativi, realizzate in materiale diverso da quanto previsto dalle specifiche di progetto. Le consulenze si sono concluse accertando che alcuni componenti strutturali non conformi potessero, sul lungo periodo, creare danno alla sicurezza dei velivoli, imponendo alla compagnia americana l’avvio di una campagna straordinaria di manutenzione degli aeromobili coinvolti. L’inchiesta è stata avviata dopo una precedente indagine conclusasi nel 2021, che aveva portato al sequestro dei compendi aziendali delle due società per fatti di bancarotta, a tre arresti e alla denuncia di altri quattro indagati. Altro filone investigativo riguarda i rifiuti pericolosi sversati in cisterne ed in alcuni terreni della zona industriale di Brindisi, che avrebbero contaminato suolo e sottosuolo di sostanze inquinanti e nocive tra cui cromo, rame, zinco, arsenico e
piombo. Le sostanze inquinanti, secondo l’accusa, derivano dai processi chimici di trattamento delle superfici e dalla lavorazione meccanica dei metalli. Nel corso delle indagini sono state sequestrate 35 cisterne contenenti ciascuna 1.000 litri di rifiuti speciali pericolosi. Gli indagati avrebbero prima
rimosso una parte del muro di cinta tra le aree di proprietà, per poi svuotare nel terreno di altri privati e nei pozzetti di drenaggio delle acque meteoriche, il contenuto di diverse cisterne con le sostanze pericolose. Le attività d’indagine sono state condotte dalla squadra mobile di Brindisi e da militari
della Guardia di finanza. L’inquinamento aveva interessato il terreno sino alla profondità di tre metri.